Lo yoga in Grecia: una questione identitaria?

A volte, in un’era di forte incertezza come quella che stiamo attraversando, alcune notizie su tendenze di costume e cultura popolare possono offrirci importanti spunti di riflessione su profonde questioni di identità che interessano le nostre società. È di pochi giorni fa la notizia della presa di posizione della Chiesa ortodossa di Grecia contro la pratica dello yoga. In sostanza, sostengono con convinzione le autorità religiose elleniche, lo yoga non dovrebbe avere alcuno spazio nella vita del fedele cristiano. In un comunicato ufficiale intitolato Sulla tecnica dello yoga, il Santo sinodo di Grecia ha, infatti, deciso all’unanimità di rammentare a tutti i fedeli che lo yoga costituisce la base fondante della religione induista e che dunque risulta essere una pratica del tutto inconciliabile con la fede ortodossa. Nell’esprimere il suo giudizio, il Santo sinodo ha dichiarato il rispetto della libertà di culto, sancita anche nella Costituzione ellenica, ma ha affermato la sua volontà di evitare una condizione di “sincretismo”.

Non si tratta di una presa di posizione nuova, ma questa volta il pretesto deriva dal periodo di quarantena forzata imposto alla popolazione a causa della pandemia del Covid-19. Numerosi organi di stampa, infatti, hanno osservato come in queste settimane di permanenza casalinga, molti greci hanno scoperto (o riscoperto) la pratica dello yoga grazie anche a videolezioni, corsi e tutorial online e alla possibilità per molti di praticare questa attività con il semplice uso di un tappettino, senza richiedere alcuna attrezzatura supplementare.

In una analisi più dettagliata, contenuta in un altro documento della Chiesa ortodossa di Grecia, si può leggere che in Occidente, alcuni intellettuali hanno affrontato la questione della pratica yoga isolandone alcuni elementi per utilizzarla in un contesto cristiano. Un tentativo bollato dalle autorità religiose elleniche come assurdo e scorretto: la parte pratica dello yoga, gli esercizi di allungamento e respirazione, prosegue il documento, non possono essere scissi dal contenuto religioso induista e dalle sue teorie. Il parallelo che viene portato è quello della pretesa possibilità di scindere, nel corpo umano, il sistema nervoso da quello muscolare. Affinché possa avvenire una scissione, una separazione del genere, affinché si possa rendere indipendente la parte fisica da quella spirituale, prosegue il documento, sarebbe indispensabile una rifondazione ex novo della pratica. Secondo la Chiesa ellenica, tuttavia, attualmente l’atmosfera e lo spirito induista permeano tutta la pratica dello yoga.

Come già accennato, in realtà questa polemica non è nuova. Già in passato la Chiesa greca aveva espresso simili posizioni a proposito dello yoga. Nel 2015 un articolo del quotidiano conservatore Kathimerini riportava i dubbi della Chiesa, mettendo in risalto (attraverso anche una citazione di Wikipedia) il carattere intrinsecamente induista della pratica. In quell’occasione le autorità ecclesiastiche greche sottolineavano il fatto che lo yoga costituisse un pilastro capitale dell’induismo – caratterizzato da una varietà di scuole, branche, applicazioni e tendenze – e che non costituisse semplicemente un tipo di ginnastica. “Di conseguenza” – concludeva il comunicato – “lo yoga viene reputato assolutamente inconciliabile con la fede cristiana ortodossa e non ha alcun posto nella vita dei cristiani”.

Un parere interessante in merito a questa analisi è stato espresso da Konstantinos Kornarakis, professore di Teologia presso l’università di Atene. In sostanza, secondo Kornarakis, la fede cristiana non può essere “contaminata” dal contatto con aspetti di altre dottrine religiose. “Il termine sincretismo”, secondo Kornarakis, “fa riferimento alla contaminazione della purezza di una fede nel momento in cui essa viene a contatto con elementi estranei rispetto ai suoi proprio caratteristici. Esistono alcune confessioni religiose e insegnamenti che resistono al mescolamento delle idee. Cosa che però non avviene per la fede cristiana”. Anche Kornarakis era molto scettico nei confronti dello yoga: “Un cristiano che adotta le pratiche dello yoga senza comprendere questo [l’inscindibilità tra aspetto fisico-motorio e religioso] familiarizza con un diverso modo di intendere l’uomo e la divinità rispetto a quello proposto dal Cristianesimo”. Tuttavia, ammetteva il professore, forme di sincretismo non solo sono comuni nelle manifestazioni artistiche e culturali, ma esistevano ugualmente nell’antica Grecia e a Roma.

Forse non è un caso che questa polemica sia riesplosa attorno alla data del 21 giugno, scelta dalle Nazioni unite nel 2015 come giornata mondiale dello yoga. Cinque anni fa l’Onu riconosceva i benefici di questa antica pratica indiana e li valutava coerenti con i suoi valori e principi. Proprio a ridosso di questo riconoscimento, la Chiesa ortodossa di Grecia lanciava i suoi primi strali contro lo yoga.

Alcuni commentatori greci hanno osservato che l’insistenza ecclesiastica sul tema del sincretismo e dell’effetto dello yoga sulla vita dei fedeli, spinge verso la proibizione di una autodefinizione individuale e personale. Verrebbe insomma messa al bando la facoltà di ciascun fedele di scegliere gli elementi coi quali edificare il proprio sistema spirituale personale che poggi su elementi provenienti da diverse tradizioni religiose. Altri giornalisti greci hanno voluto sottolineare l’incongruenza da parte del Santo sinodo nel voler porre l’attenzione sulla questione dello yoga e della sua compatibilità con la fede cristiana in un momento in cui il pianeta sta ancora affrontando il dramma della pandemia di Covid-19 e mentre l’omicidio di George Floyd negli Stati Uniti ha riproposto per l’ennesima volta il tema del razzismo e della scarsa tutela dei diritti civili basilari delle comunità afroamericane.

Alla grande manifestazione di protesta tenutasi a Brooklyn dopo l’uccisione di Floyd ha preso parte anche l’arcivescovo greco-ortodosso di America Elpidofòros il quale ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Dobbiamo esprimeci e farlo in maniera vibrante contro l’ingiustizia nel nostro paese. Costituisce un dovere morale e una nostra resposabilità sostenere la sacralità di qualsiasi esistenza umana. Abbiamo affrontato una pandemia che ha prodotto malattie gravi, ma la malattia spirituale nella nostra patria va sempre più approfondendosi e dobbiamo curarla sia con le parole che con le azioni. Io continuerò a stare dalla parte di tutti coloro che lottano per il mantenimento della pace, della giustizia e dell’uguaglianza di tutti i cittadini onesti, indipendentemente dall’etnia, dalla fede, dal genere e dalla provenienza nazionale”. Parole di apertura, tolleranza e rispetto che in qualche modo stridono con le dichiarazioni del Santo sinodo greco in merito allo yoga, e che mettono in luce le diverse anime della Chiesa ortodossa.

Rigas Raftopoulos