Il voto a Cipro e l’ascesa dell’estrema destra

Le elezioni svoltesi a Cipro domenica 30 maggio hanno riproposto, come primo partito, lo schieramento guidato dal presidente della Repubblica cipriota Nikos Anastasiadis. Il partito di centrodestra Disy (Δημοκρατικός Συναγερμός – Raggruppamento Democratico) si è infatti attestato sulla percentuale del 27.77% mostrando però una flessione rispetto alle elezioni precedenti di cui hanno beneficiato i partiti dell’opposizione. La percentuale di coloro che si sono recati alle urne per eleggere i 56 membri del parlamento, rispetto agli aventi diritto è risultata del 63.9% 

Nel complesso, ad uscire rafforzati da questa tornata elettorale sono stati i partiti più piccoli tra cui è da segnalare il partito di estrema destra Elam (Εθνικό Λαϊκό Μέτωπο – Fronte Popolare Nazionale), schieramento “fratello” del greco Alba dorata. Oltre al già ricordato risultato di Disy, troviamo al secondo posto l’Akel (Ανορθωτικό Κόμμα Εργαζόμενου Λαού – Partito Progressista dei Lavoratori) con il 22.34%, seguito dal Diko (Δημοκρατικό Κόμμα – Partito Democratico) con l’11.29%, dall’Elam con il 6.78%, dall’Edek (Κίνημα Σοσιαλδημοκρατών – Movimento per la Socialdemocrazia) 6.72% e da Dimokratiki parataxi con il 6.10%.

I risultati delle elezioni del 30 maggio a Cipro. Fonte REPUBLIC OF CYPRUS – MINISTRY OF THE INTERIOR – CENTRAL ELECTORAL SERVICE.

Una analisi più attenta del voto mette in evidenza il minimo storico a cui si è attestato il partito di sinistra Akel. Le cause che spiegano un tale risultato negativo sono complesse, secondo l’interpretazione di alcuni analisti greci. Un primo fattore che ha giocato un ruolo significativo è stata senza dubbio la pandemia che, come in altre zone del mondo, ha portato gli elettori a favorire il partito già al governo. In secondo luogo va tenuta presente la situazione in cui si è venuto a trovare il paese già da prima che si manifestasse in tutta la sua virulenza la crisi del proprio sistema bancario. Il vortice dell’incertezza politica ha fatto emergere l’esigenza di stabilità e normalità che si sono espresse con il voto a Disy, nonostante lo scandalo dei passaporti d’oro da cui, va ricordato, non è risultato esente nemmeno l’Akel. Lo scandalo consisteva nella compravendita di passaporti in cambio di investimenti sull’isola da parte di imprenditori stranieri spesso dediti ad attività illecite. La tendenza della sinistra in Europa a recedere elettoralmente ha poi influenzato anche la dinamica elettorale della sinistra cipriota.

Alcuni commentatori hanno voluto anche spiegare il successo elettorale del partito di estrema destra Elam come l’effetto delle tendenze antisistemiche e di repulsione verso gli scandali che hanno interessato i partiti al potere. L’ Akel è inoltre guidato da oltre 12 anni dallo stesso leader, A. Kyprianou, e ciò rappresenta certamente uno degli elementi che hanno contribuito a far identificare il suo partito con il vecchio sistema dei partiti e allo stesso tempo ad evidenzaire la distanza che corre tra Kyprianou e le nuove generazioni. In particolare va sottolineato il fatto che i giovani – ma più in generale tutti gli elettori progressisti – sono sempre meno interessati alla soluzione del problema cipriota, ovvero all’unificazione delle due parti dell’isola, che invece ha storicamente rappresentato l’obiettivo principale delle politiche dell’Akel. Sempre in questo contesto emerge poi la scomparsa di quella dicotomia che separava la sinistra dalla destra a Cipro poiché la divisione in due dell’isola viene ormai considerata in modo simile dai cittadini ciprioti a prescindere dal loro orientamento politico.

Durante la campagna elettorale non è emerso alcun elemento politico che consentisse al partito di sinistra di trasmettere un messaggio forte e identitario in grado di fungere da collante per l’elettorato di sinistra. Inoltre l’Akel non è stato capace – sottolineano altri analisti greci – di sostenere in maniera convincente né una agenda politica basata sul messaggio della trasparenza e della pulizia rispetto agli scandali emersi né un’agenda basata su un forte impegno in politica estera.

Di un certo interesse sono anche le reazioni al risultato dell’Akel in Grecia, a livello politico, e in primo luogo nel partito guidato da Alexis Tsipras, Syriza, e non soltanto poiché si tratta di partiti “fratelli” sul piano politico e ideologico. Come Syriza, anche l’Akel è stato un partito di governo ed è stato giudicato dall’elettorato dell’isola per la sua opera di governo in maniera decisamente più impietosa e intransigente rispetto a quanto non venga solitamente fatto per i partiti della destra quando si trovano a governare. Un altro fattore che accomuna i due partiti è il farraginoso meccanismo di funzionamento interno che ne impedisce il rinnovamento, fallimento che alle elezioni è stato, come detto, uno dei fattori chiave per interpretare la sconfitta. Inoltre un partito come l’Akel si trova in evidente difficoltà a rivolgersi in maniera convincente ai vari gruppi della società cipriota quando l’opinione pubblica esige garanzie di stabilità e normalità ovvero di mantenimento dello status quo. Un altro limite evidente che unisce i due partiti di sinistra, quello cipriota e quello greco, è rappresentato dall’estrema difficoltà a capitalizzare elettoralmente l’indignazione e la rabbia per la corruzione che circonda il sistema di potere quando tali sentimenti non si legano ad una rivendicazione di maggior equità sociale e di interesse per una redistribuzione più giusta delle ricchezze del paese.

         Non bisogna poi trascurare anche gli aspetti legati al carisma di cui si fa portatore Tsipras in Grecia rispetto a Kyprianou a Cipro e alla presenza di tanti piccoli partiti sull’isola rispetto alla Grecia stessa, partitini che in sostanza attraggono i voti e le tendenze antigovernative.

         Una delle lezioni che Syriza potrebbe trarre dall’esito del confronto elettorale cipriota in generale e, in particolare, dal risultato dell’Akel è rappresentata dalla considerazione che, se anche la pandemia ha riportato al centro del discorso politico la necessità di rafforzare lo Stato e i suoi servizi di base (come la sanità e la scuola), questo tuttavia non è sufficiente per garantire alla sinistra di emergere vincitrice dal confronto elettorale. L’urgenza è rappresentata, invece, dalla scelta di un programma ben preciso, dal rinnovamento dell’immagine del partito e del suo personale politico.

La bandiera della Repubblica di Cipro e quella dell’Unione Europea.

Sul versante della destra, invece, l’ascesa dell’Elam a quarta forza politica rappresenta un risultato che, secondo alcuni osservatori, non deve sorprendere. Sia dai sondaggi pre-elettorali gli analisti locali avevano pronosticato questo exploit. In generale si tende ad interpretare questo risultato sulla base di tre diversi livelli di analisi: uno storico, uno pragmatico (relativo ai legami organici con l’organizzazione “criminale” di Alba dorata) e uno sociologico. In particolare, quest’ultima prospettiva deve riguardare anche la questione di una futura radicalizzazione violenta dell’Elam o quanto meno di alcuni suoi membri, proprio come è avvenuto in Grecia per Alba dorata. Il partito di estrema destra cipriota nasce nel 2008 e ha vissuto un processo di “normalizzazione” da parte di svariati esponenti della società cipriota (Chiesa e organizzazioni nazionalistiche controllate da Disy) e ha goduto del sostegno economico di Alba dorata quando quest’ultimo partito ha vissuto la sua fase di maggior forza elettorale e sociale in Grecia fino al suo ingresso nel Parlamento ellenico nel 2012. Questo rapporto è entrato in crisi quando il partito neonazista greco ha iniziato ad essere indagato per azioni criminali e si è poi definitivamente interrotto dopo la condanna della sua dirigenza per l’omicidio di Pavlos Fyssas.

         Gli analisti sono in sostanza concordi nel considerare l’Elam il vero vincitore delle elezioni a Cipro assieme al partito di centro Dimokratiki parataxi. Entrambi i partiti sono stati in grado di agitare con successo i temi chiave della campagna elettorale, ovvero la gestione della pandemia, la ripresa economica che ancora non decolla e l’immigrazione.

Rigas Raftopoulos