Un futuro per i rifugiati in Europa: il Rapid response mechanism

La Global platform for Syrian students è un’organizzazione non governativa che ha l’obiettivo di erogare borse di studio ai rifugiati siriani. Nata nel 2013 per volontà dell’ex presidente del Portogallo Jorge Sampaio gode del supporto di una serie di partner istituzionali quali il Consiglio d’Europa, la Lega degli Stati Arabi, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) e l’Istituto di educazione internazionale (Iie). Nel primo anno di attività il progetto ha concesso 45 borse di studio a fronte di 1700 candidature. Grazie alla creazione della nuova Global platform for higher education in emergencies, l’Ong ha ad oggi esteso la concessione delle borse di studio a rifugiati di diverse nazionalità, provenienti da varie zone di guerra. Questo nuovo progetto si basa essenzialmente su tre pilastri: un network di partner, che vede aggiungersi una serie di istituzioni a quelle sopracitate; un consorzio accademico composto da università e istituzioni che si occupano di educazione; un fondo che raccoglie le donazioni costituenti le borse di studio.

L’ex presidente del Portogallo Jorge Sampaio. Fonte: Wikimedia Commons

Più in particolare, la Global platform for higher education ha lanciato un nuovo meccanismo di sostegno all’educazione superiore in contesti di crisi chiamato Rapid response mechanism. La novità consiste nel fatto che il piano è oggi promosso dall’Unione per il Mediterraneo (UpM), un’Organizzazione interstatale – con base operativa a Barcellona – formata da 42 stati, di cui 15 della zona sud-est del Mediterraneo, oltre ai membri dell’Unione europea. Scopo dell’UpM è proprio quello di migliorare il dialogo e la cooperazione tra i paesi che ne fanno parte, in particolare su sei campi d’azione: sviluppo economico e occupazionale, istruzione e ricerca, diritti civili, green economy ed energia, trasporto e sviluppo urbano.

Il sostegno dell’UpM al progetto di borse di studio ne ha esteso la concessione a 300 rifugiati dell’area del Mediterraneo per una durata di tre anni. Secondo una stima dell’Unhcr, ad oggi soltanto tra l’1% ed il 3% dei rifugiati ha la possibilità di proseguire gli studi dopo la scuola dell’obbligo. È in questo contesto che opera il Rapid response mechanism. Il programma risponde ad un duplice obiettivo: eliminare gli ostacoli burocratici che possono impedire l’iscrizione degli studenti rifugiati e fornire aiuti a livello finanziario.

Helena Barroco, coordinatrice della Global Platform for higher education in emergencies. Fonte: Flickr

Il Rapid response mechanism si inserisce in un contesto complesso come quello migratorio nella regione mediteranea che prevede una gestione fatta anche di riduzione degli ingressi, espulsione degli stranieri irregolari e blocco delle partenze. A livello europeo un riferimento normativo importante in questo ambito è il Regolamento di Dublino. Si tratta di uno strumento che stabilisce i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino extraeuropeo. Questo regolamento non è risolutivo perché la sua applicazione penalizzerebbe alcuni paesi di primo sbarco come Italia, Malta e Grecia, a vantaggio dei paesi del Nord Europa. Per questa ragione una sua modifica ha imposto un acceso dibattito a livello europeo che ha riguardato anche la proposta di riforma da parte della Commissione europea del Patto sulla migrazione e l’asilo. Quest’ultimo documento esplica l’indirizzo d’azione della Commissione europea in tema di migrazioni per i prossimi cinque anni, prevedendo un sistema di correzione sulla gestione del fenomeno da parte dei singoli Stati membri. Il fine è quello di garantire ai paesi un sostegno efficace tra di loro: in aiuto dello Stato membro sotto pressione, gli altri paesi accettano alcuni richiedenti asilo; si fissano le “quote migranti” per ciascuno sulla base del Pil interno e della densità demografica.

Come funziona il Rapid Response Mechanism. Fonte: GP4SYS

All’interno di questo dossier così complesso non si è ancora raggiunto un compromesso tra le diverse sensibilità espresse da ciascun paese. Il fenomeno migratorio esiste da sempre ed è destinato a durare. Ciò è dimostrato dal fatto che malgrado l’emergenza causata dalla pandemia di Covid-19, le partenze non si sono fermate, anche se, rispetto al periodo tra il 2013 ed il 2017, gli arrivi sulle coste europee hanno segnato numeri inferiori. I flussi migratori fanno registrare alcuni aspetti che concorrono alla crescita economica del paese interessato ed altri invece di criticità. Per esempio, dal primo punto di vista, a livello contributivo l’immigrazione legale in Italia innescherebbe processi virtuosi. Secondo uno studio della Fondazione Leone Moressa, l’impatto fiscale dell’immigrazione in Italia è di circa quattro miliardi di euro l’anno, sulla base della dichiarazione dei redditi del 2020, ed è un dato destinato a crescere. Negli ultimi cinque anni infatti il numero dei contribuenti stranieri è aumentato del 16,9 % a fronte di quello dei contribuenti italiani, cresciuto dell’1,6 %. Ciononostante permangono le problematiche legate all’immigrazione irregolare, in riferimento soprattutto alla capacità dello Stato di proteggere il proprio confine marittimo nel tentativo di gestire un flusso continuo di migranti, al rischio di terrorismo ad esso connesso e agli elevati costi dell’accoglienza. In riferimento a quest’ultimo aspetto non esiste in Italia un’unica voce di bilancio statale relativa alle spese per l’accoglienza dei migranti, ma queste sono divise tra i vari dicasteri. Secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la somma delle varie spese per l’accoglienza si aggirava intorno ai 2,77 miliardi nel 2018, con una variazione del -50,35% nei due anni successivi e una ulteriore riduzione di poco più dell’1% nel 2021. Per quanto riguarda l’aspetto della sicurezza legato al rischio terrorismo, si registra la presenza di alcuni soggetti stranieri radicalizzati: l’83% degli attacchi terroristici è portato a termine da immigrati dalla prima alla terza generazione, regolari e irregolari. Il loro ingresso è però in percentuale di molto inferiore rispetto all’intera massa migratoria.  Si registra, inoltre, un legame tra stranieri e reati, relativo soprattuto a furti e rapine, così come, in alcuni casi, un rapporto tra organizzazioni criminali italiane e cittadini stranieri per la gestione di prostituzione e spaccio.

Un’altra questione al centro del dibattito europeo riguarda proprio la richiesta, da parte soprattutto di Italia, Grecia, Spagna e Malta, indirizzata agli altri paesi membri, di un maggiore supporto al sistema d’accoglienza. Il problema è legato al fatto che questi paesi faticherebbero più degli altri a gestire l’elevato numero di domande di protezione internazionale avanzate sul proprio territorio.

Paesi dell’Unione per il Mediterraneo. Fonte: Wikimedia Commons

In un ambito dunque così problematico e dibattuto la concessione delle borse di studio ad un più largo numero di rifugiati e il sostegno dimostrato in questo senso dall’Unione per il Mediterraneo rappresenterebbero un primo passo verso una più intensa cooperazione tra paesi nelle politiche di gestione delle migrazioni ed anche di sostegno alle migrazioni regolari.

In contesti in cui i richiedenti protezione internazionale fuggono dal proprio paese di origine a causa di guerre, povertà, catastrofi naturali, il rischio di essere esclusi dal circuito scolastico è molto alto, a causa di problemi burocratici, indigenza ed emarginazione. Il Rapid Response Mechanism è, quindi, uno strumento importante che potrebbe permettere una maggiore inclusione dei migranti regolari nella società attraverso il loro inserimento in un percorso scolastico e di formazione.

Chiara Vilardo