L’Egitto e il Covid-19

I paesi del Nord Africa hanno iniziato a fronteggiare la pandemia da Covid-19 tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, registrando i primi contagi e i primi morti già in quella fase.

Un operatore egiziano impegnato nelle operazioni di sanificazione. Sullo sfondo una gigantografia del Presidente al-Sisi.
Fonte: Alkhaleejtoday

Tra i paesi più esposti dell’area, l’Egitto ha proclamato il 25 marzo scorso lo stato di emergenza sanitario per cercare di contenere la diffusione del Coronavirus, dopo aver registrato i primi casi. Il coprifuoco, esteso ai suoi 100 milioni di abitanti dalle 19 alle 6 del mattino, ha fatto temere al paese una possibile catastrofe considerando l’alta densità abitativa nelle più importanti città, basti pensare al fatto che il Cairo conta 14,5 milioni di abitanti totali, ovvero quasi 13 mila abitanti per km². 

Le misure di contenimento dell’epidemia sono state simili a quelle adottate in molti paesi mediterranei: chiusura delle rotte aeree verso i paesi ritenuti a forte rischio; lezioni nelle scuole e nelle università sospese fino a data da destinarsi; limitazioni di alcuni servizi; e attuazione del coprifuoco. 

Il paese tuttavia non è stato mai completamente chiuso. Le attività lavorative quotidiane sono continuate e ciò, nonostante le raccomandazioni del governo a mantenere il distanziamento sociale, non ha permesso di veder scendere la curva dei contagi nel paese. Occorre inoltre considerare che i dati ufficiali potrebbero discostarsi in modo significativo dalla realtà.

Con l’inizio del mese di Ramadan, peraltro, crescono molto gli spostamenti di persone che si ritrovano insieme all’ora in cui viene interrotto il digiuno quotidiano, cosa che ovviamente aumenta il livello di rischio di diffusione del contagio. Le autorità egiziane, per il mese di Ramadan, per andare incontro alle esigenze dei propri cittadini hanno deciso di allentare il coprifuoco, il quale è stato ridotto dalle 21 alle 6 del mattino. Questa decisione risponde più ad esigenze di tipo economico e culturale, che alle linee guida dettate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per limitare il contagio. L’unica restrizione ha riguardato la chiusura delle moschee, che tradizionalmente nelle ore serali del mese di Ramadan diventano luogo di preghiere collettive, i Tarawih.

Nonostante il governo abbia più volte rimarcato l’importanza del rispetto delle regole di distanziamento sociale e di igiene sui luoghi di lavoro, l’ammorbidimento del coprifuoco deciso in occasione del mese sacro per i musulmani non ha contribuito a limitare i contagi che, nelle ultime settimane, sono in costante crescita (l’8 maggio i casi registrati risultavano essere 8.476 e i decessi 503) Tale tendenza è stata evidenziata anche dal ministro della Salute Zayed Hala come riportato dal quotidiano al-Ahram. Il ministro, pertanto, ha chiesto che siano da subito prese misure tese a sanzionare chi non si attiene alle regole, specialmente quelle relative alla quarantena, evidenziando come il 25% dei morti registrati per Coronavirus arrivi in ospedale quando ormai è già troppo tardi.

Curva dei casi registrati (dati aggiornati all’8 maggio 2020). Fonte: http://covid-19-africa.sen.ovh/index.php?isnc=3

Il ministro della Salute ha spiegato altresì che durante la “Fase 2” le aziende, i centri commerciali, i mercati e i mezzi di trasporto considerati ad alto rischio, dovranno rimanere chiusi. In aggiunta dovrà essere implementato quanto più possibile il lavoro da casa, mentre gli uffici pubblici dovranno dotarsi di adeguati strumenti di controllo della temperatura degli utenti e i dipendenti pubblici dovranno rispettare un rigoroso distanziamento sociale.

L’intervento del ministro Zayed Hala ha preceduto di poco il decreto del Presidente Addel Fattah al-Sisi che estende lo Stato di emergenza nazionale per altri tre mesi. Il decreto stabilisce che le forze armate e di polizia – quindi anche i servizi di sicurezza mukhabarat -, disporranno di finanziamenti e di strumenti necessari a fronteggiare il terrorismo e a garantire la sicurezza in tutto il territorio nazionale. Questa proroga è l’ennesima a partire dal 2017. Tale misura arriva in un contesto nazionale già difficile, all’interno del quale vi è una forte compressione delle libertà individuali. Secondo molte organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani, l’estensione dello Stato di emergenza nazionale potrebbe essere, quindi, lo strumento usato dal governo per mettere in atto un’ulteriore stretta nei confronti di personalità ritenute “pericolose” per il regime.

La situazione socio-politica in Egitto rimane dunque delicata. Le misure di contrasto all’epidemia del Covid-19 rimangono deboli e contraddittorie e ciò, in un paese popoloso e con un sistema sanitario fragile come l’Egitto, potrebbe determinare conseguenze catastrofiche. A questo dato bisogna aggiungere la politica di controllo messa in atto dal governo, attraverso la quale lo stesso porta avanti una lotta senza quartiere tanto nei confronti degli oppositori politici quanto nei confronti dei gruppi armati collegati alla galassia islamista che operano principalmente nella penisola del Sinai. 

Mohamed el Khaddar