Santa Sofia di Istanbul: tra passato e presente

Come già osservato tra le pagine di questo blog, la recente decisione del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan di convertire il museo di Santa Sofia di Istanbul in una moschea ha suscitato grande stupore, e anche un certo risentimento, a livello internazionale. Queste reazioni, cariche di emotività, sono una conseguenza del forte valore culturale dell’edificio, che è stato per secoli un punto di riferimento per il mondo cristiano, in particolare per i fedeli ortodossi. Santa Sofia ha tuttavia una lunga storia, marcata da numerose vicissitudini che ricalcano le molteplici sfaccettature della ricca e complessa storia della regione in cui si trova. Questo post si propone dunque di tracciare il percorso di questa meraviglia dell’architettura bizantina attraverso i secoli.

Santa Sofia di Istanbul. Fonte: Wikimedia Commons.

Il periodo bizantino. Il tempio di Santa Sofia (Aghia Sofia) fu inaugurato il 15 febbraio del 360 d.C., durante l’impero di Costantino II, congiuntamente alla decisione di stabilire una capitale per l’Impero Romano d’Oriente – Costantinopoli, la “seconda Roma”. Assieme a Sant’Irene (Aghia Eirini), Santa Sofia costituiva la principale cattedrale della capitale dell’Impero bizantino nonché la sede del patriarcato di Costantinopoli. Nel 404, durante il regno di Arcadio, la chiesa fu distrutta da un incendio appiccato dai sostenitori del patriarca di Costantinopoli Giovanni Crisostomo, il quale era stato mandato in esilio dalla moglie dell’imperatore. L’edificio fu dunque ricostruito negli anni seguenti e inaugurato di nuovo l’11 gennaio 415, sotto il regno di Teodosio II, dal patriarca Attico. Il rinnovato luogo di culto fu tuttavia nuovamente distrutto in un incendio nel 532, durante una sommossa contro l’imperatore Giustiniano I. Si tratta della rivolta di Nika, scoppiata presso l’ippodromo della capitale, episodio storico di cui si ricorda anche il celebre l’intervento dell’imperatrice Teodora.

Fu proprio su impulso di Teodora che Giustiniano decise di ricostruire per la terza volta la basilica. La costruzione di Santa Sofia così come la possiamo ammirare ancora oggi fu dunque programmata dall’imperatore Giustiniano, che scelse come architetti Anthemios di Tralli e Isidoro di Mileto, celebri al tempo anche come matematici, ingegneri e artisti. La costruzione avvenne in breve tempo, e la cerimonia di inaugurazione si tenne il 27 dicembre 537.

L’edificio, inusualmente grande per il periodo storico in cui è stato edificato, sorge in un’area altamente sismica. Nonostante ciò, per circa quindici secoli è rimasto “diritto”, distinguendosi come un pregiato capolavoro architettonico e ingegneristico. Le cronache dell’epoca ci raccontano del più imponente e moderno cantiere mai realizzato prima. Grazie al lavoro di diecimila tra tecnici e operai, il tempio fu edificato in tempi record e a un costo astronomico, stimato in un equivalente di circa 2 miliardi e mezzo degli odierni euro. La leggenda racconta che, durante l’inaugurazione, Giustiniano, avvicinatosi all’ambone, esclamò “Salomone, ti ho vinto!” affermando ammirazione per il monumento, che ai suoi occhi superava in splendore il tempio di Salomone a Gerusalemme. Si narra inoltre che nel cortile della chiesa ci fosse una fontana sulla quale era inscritta la frase palindroma (Νιψονανομήματαμονανοψιν) il cui significato è il seguente: “ripulisciti dai tuoi peccati, e non soltanto il tuo volto”.

L’intero edificio risplende della luce proveniente da cento finestre. Quaranta di esse si trovano attorno alla corona della cupola, mentre le rimanenti sono collocate nelle semicupole, nelle nicchie e alle pareti. In questo modo si ha l’immagine di una cupola sospesa nel cielo, dal momento che i raggi del sole che entrano nell’ambiente appaiono suggestivamente diretti verso il cielo stesso. Per la realizzazione della cupola sono state utilizzate pietre pomici provenienti dall’isola di Rodi che recano l’iscrizione “Grande Chiesa di Costantino”.

Uno scorcio degli interni della basilica di Santa Sofia.

Le trasformazioni attraverso i secoli. Santa Sofia andò incontro a numerose trasformazioni nei secoli seguenti: tra il 1204 e il 1261, come conseguenza della quarta Crociata, il luogo di culto fu convertito in chiesa romana-cattolica e, dopo la caduta di Costantinopoli sotto il controllo ottomano – nel 1453, ad opera del sultano Maometto II – divenne una moschea musulmana. In entrambe le circostanze l’edificio subì gravi danni – in particolar modo durante i saccheggi di Costantinopoli da parte dei Crociati – e significative modifiche. Durante la lunga fase della dominazione ottomana, gli affreschi murali vennero ricoperti con la calce, in ottemperanza del principio musulmano che considera blasfema la rappresentazione del corpo umano.

Da museo a moschea. Nel 1934 Mustafa Kemal Ataturk, nell’ambito dello sforzo di modernizzazione della Turchia, ordinò la trasformazione dell’edificio da moschea in museo, dando a Santa Sofia un nuovo significato, come luogo laico di cultura.

In Turchia, la questione della riconversione del museo in luogo di culto musulmano è tuttavia ripresa fin dal 2014, quando, nell’ambito dello scontro tra Erdoğan e il suo rivale Fethullah Gulen, il deputato indipendente Hassan Ghildirim ha depositato presso l’Assemblea nazionale turca una proposta per la trasformazione del tempio in moschea. La scelta della presentazione della proposta è stata altamente simbolica: il 2 maggio 2014, ottant’anni dopo la decisione di Ataturk di rendere Santa Sofia accessibile a tutti grazie alla sua trasformazione in museo. Il 10 luglio scorso, questa destinazione d’uso è stata cancellata con una decisione del Consiglio di Stato turco che ha definito possibile la riconversione di Santa Sofia in moschea, come nel periodo ottomano. Erdoğan ha immediatamente attuato questa decisione. In una sua dichiarazione ufficiale, il presidente turco ha annunciato che la prima preghiera musulmana si sarebbe tenuta il 24 luglio. A partire da questa data, Santa Sofia è diventata accessibile solo ai fedeli musulmani.

Tutta una serie di autorità religiose internazionali, statunitensi, europee e russe ma anche organizzazioni come l’Unesco si sono dette contrarie alla trasformazione dell’edificio in moschea. Nel 1985 l’Unesco aveva fra l’altro iscritto il luogo nella lista dei Patrimoni dell’Umanità. La presidente dell’organizzazione, Audrey Azoulay, ha ricordato in un comunicato stampa apparso sul sito istituzionale che l’iscrizione di un luogo nella lista sopra menzionata, comporta il rispetto di una serie di vincoli e obblighi legali, nonché la comunicazione preventiva all’Unesco di qualsiasi modifica rispetto alla destinazione d’uso del luogo stesso. Tra gli impegni che uno Stato si assume quando un suo monumento viene iscritto nella lista dell’Unesco vi è anche la garanzia di accessibilità, senza discriminazioni di alcun tipo, a ogni individuo, in conformità con lo spirito della Convenzione del Patrimonio Unesco del 1972. Il comunicato stampa non chiude la porta al dialogo, ma condanna la misura unilaterale adottata dal governo di Ankara, richiamando le autorità turche a una “conversazione costruttiva, prima che vengano prese decisioni che tali da avere un impatto sul valore universale del sito”.

Rigas Raftopoulos