Berberi: il lungo viaggio di un popolo magrebino

L’immagine del Medio Oriente e del Nord Africa è spesso monolitica: i 300 milioni di abitanti della regione vengono infatti comunemente percepiti come un insieme omogeneo, definito dalla religione musulmana e da una comune radice etnico-culturale araba. Quando tuttavia si inizia a conoscere in modo più approfondito la realtà culturale e sociale della regione, ci si rende ben presto conto che più che un monolite, il mondo mediorientale costituisce un mosaico di culture, lingue e religioni. Un tassello poco conosciuto ma molto affascinante di questo mosaico è rappresentato dagli amazigh, i berberi del Nord Africa.

Conosciuti in occidente come berberi (dal francese bèrbèr, derivante dalla parola araba barbar, uomini che parlano ad alta voce), gli amazigh (nella loro lingua) costituiscono una popolazione autoctona presente in vari Stati del Nord Africa e in zone limitrofe, in un’area geografica che si spinge fin nel deserto del Sahara e oltre. Si possono infatti incontrare berberi in Mauritania, nelle isole Canarie, ma anche in parti dell’Africa sub-sahariana come il Mali, il Burkina Faso e il Niger. La presenza in tutti questi Stati non è omogenea: in molti casi gli amazigh sono una sparuta minoranza, in altri, e in particolare in Marocco e in Algeria, essi rappresentano un segmento consistente della popolazione.

La distribuzione geografica delle popolazioni berbere. Fonte: Amazigh24.com.

L’aspetto linguistico e culturale è centrale nell’affermazione dell’identità berbera, e rappresenta un indicatore interessante dell’estensione dello spazio toccato e influenzato da questa popolazione. In Marocco si stima che quasi 5 milioni di abitanti parlino la lingua berbera. Si tratta di circa il 16% della popolazione totale del regno, eppure in alcune regioni rurali questa percentuale supera abbondantemente l’80%. I dialetti berberi più diffusi nel Nord Africa e nelle aree circostanti sono il tamazight (3,3 milioni), il tachelhit (1,4 milioni), il tarifito rifain (1.5 milioni), lo zènaga (53.000), il chaoui (26.000) e il ghomara (12.000). Spostandosi verso il cuore della regione sahariana, si può identificare il dialetto tamahaq, parlato dai circa 800.000 componenti della popolazione Tuareg, presente in Stati come la Libia, il Burkina Faso, il Niger, la Nigeria e il Ciad. In Algeria, le popolazioni che abitano la regione dei monti Aurès parlano il taawit (850.000), mentre il taqbaylit è il dialetto berbero più diffuso in Algeria, parlato da 7 milioni di persone nella regione che si estende dalla Cabilia fino alle città del Sahel, ma diffuso anche nella capitale del paese, Algeri. Più a sud, in Mauritania, il dialetto amazigh più diffuso è quello della tribù Zenata, parlato da una popolazione che raggiunge circa 10.000 unità. Questa variegata composizione dialettale può dare un’idea del carattere diffuso e pluralistico dell’identità e della cultura berbera.

Nel corso dei secoli le popolazioni berbere sono state spesso vittime di oppressioni, e la loro specifica identità è stata spesso colpita da tentativi di soppressione. Nonostante ciò, l’identità amazigh ha resistito agli attacchi, e negli ultimi cinquanta anni si è assistito a una riscoperta delle sue radici storiche e culturali.

Un berbero. Fonte: Wikimedia Commons.

Dal punto di vista storico, si può notare come già Ibn Khaldun – il famoso storico e filosofo maghrebino vissuto tra il XIV e il XV secolo, considerato da molti anche come un precursore della moderna sociologia – descrivesse nei suoi scritti l’arabizzazione del Nord Africa per mano dei Fatimidi, la dinastia che ha controllato le terre che vanno dalla Siria fino all’intero Nord Africa tra il X e il XII secolo. Ibn Khaldun descriveva l’arrivo degli arabi come un processo irregolare e a tratti anche violento. Le popolazioni amazigh accettarono il credo religioso dei nuovi conquistatori – l’islam. Tuttavia questa conquista non portò a un’arabizzazione delle popolazioni berbere. Se da una parte dunque gli amazigh hanno integrato la religione musulmana nella loro cultura, la convivenza con le popolazioni arabe, sempre più importanti in Nord Africa sia in termini numerici che politici, fu piuttosto travagliata. Come già accennato, nei secoli l’identità amazigh è stata infatti repressa, o quantomeno è stata relegata a uno status subalterno rispetto a quella araba, ritenuta comunemente rappresentativa per l’intero Nord Africa.

Questa realtà è iniziata a cambiare nel corso del Novecento, e ha conosciuto un’accelerazione dalla fine degli anni Cinquanta in poi, in concomitanza con il processo che ha portato all’indipendenza dei paesi del Nord Africa. Già nel 1930 – durante il protettorato francese – fu approvato in Marocco un decreto che riconosceva i “diritti” culturali degli amazigh. Proprio questo evento, per molti versi un esempio della strategia di divide et impera utilizzata dalle autorità coloniali per indebolire il sentimento nazionale marocchino, divenne un motore per l’autodeterminazione di questo popolo. Durante la seconda metà del Ventesimo secolo, a seguito delle lotte per l’indipendenza nazionale dei paesi della regione e del fallimento delle ambizioni pan-arabe, la consapevolezza del popolo amazigh di essere un’entità con delle profonde radici e una distinta identità linguistica e culturale ha dato il via a movimenti che iniziarono a parlare di una vera e propria nazione amazigh.

Una manifestazione di piazza in cui sventolano bandiere berbere. Fonte: Middle East Online.

La lotta per la rivendicazione identitaria è stata portata avanti a livello politico fino a ottenere importanti riconoscimenti. Il 5 agosto 1991, con la Charte d’Agadir, i rappresentanti nell’omonima città costiera marocchina chiesero il riconoscimento degli amazigh come una componente del popolo marocchino, e il rispetto dei loro diritti linguistici e culturali. Questa formale richiesta arrivò dopo anni di proteste che con diversa intensità avevano coinvolto soprattutto Marocco ed Algeria. Da quel momento in poi, la pressione nei confronti del potere politico maghrebino per un pieno riconoscimento dei berberi è diventata sempre più visibile, e questo processo ha ottenuto ulteriori successi a seguito delle “Primavere arabe” del 2011. La revisione costituzionale approvata con il referendum del 2011 in Marocco, stabilì per quanto riguarda le rivendicazioni berbere un passaggio storico. Nel testo si riconosce l’amazigh come lingua ufficiale del regno, e già nel preambolo del documento il regno afferma l’intenzione di preservare, nella sua pienezza e nella sua diversità, un’identità nazionale “unica e indivisibile […] forgiata dalla convergenza delle sue componenti arabo-islamiche, amazigh e saharo-hassani”, un’identità peraltro “nutrita e arricchita dalle sue affluenze africane, andaluse, ebraiche e mediterranee”. In Algeria, la costituzione del 1996 (sottoposta a una revisione nel 2002) riconosceva la lingua amazigh come una delle lingue nazionali (per la prima volta nel Magreb). Nel 2016, a seguito di un’ulteriore revisione costituzionale, il berbero ha ottenuto lo status di lingua “nazionale e ufficiale”. L’identità amazigh non ha purtroppo ottenuto un simile riconoscimento in Tunisia. Nonostante la forte mobilitazione della comunità berbera locale e il promettente avanzare del processo di democratizzazione iniziato nel paese, la nuova costituzione, approvata nel 2014, non menziona ufficialmente la lingua amazigh e non prevede strumenti per preservarla, anzi riconosce esclusivamente l’identità araba come fondante per lo Stato. Bisogna ad ogni modo riconoscere che anche in Marocco e Algeria le tensioni non sono mancate tra l’autorità centrale e le comunità berbere, soprattutto nel Rif (in Marocco) e in Cabilia (in Algeria). Queste regioni rimangono infatti epicentri di proteste e dimostrazioni di piazza in cui il malcontento economico si mischia a rivendicazioni identitarie, spesso represse con la forza e con arresti di massa.

Proteste nella regione del Rif, in Marocco. Fonte: Arab Press.

Dal 2011 in poi, insomma, il popolo berbero ha ottenuto notevoli progressi in termini di riconoscimento delle proprie prerogative culturali, che sono sempre più considerate – anche a livello costituzionale – come parti integranti dell’identità magrebina. Tuttavia il passaggio dalla teoria alla pratica non è mai così facile, e la concreta attuazione di questi riconoscimenti, specialmente nel mondo scolastico, con l’insegnamento paritario della lingua amazigh, avrà bisogno di tempo e impegno da parte delle autorità pubbliche. Il percorso è ancora lungo, ma è evidente che nel Magreb, accanto all’identità araba si stanno finalmente riscoprendo tutta una serie di culture e tradizioni che rendono la regione ricca, diversa e molto affascinante.

Mohamed el-Khaddar