L’Egitto nel Med-allargato: centralità, fragilità e investimenti stranieri

L’Egitto, paese al centro delle dinamiche politiche regionali, negli ultimi anni è sempre più impegnato nello sviluppo delle proprie infrastrutture portuali. Grazie alla sua posizione strategica, tra Mediterraneo e Mar Rosso, il paese mira a creare valore aggiunto per attirare investimenti e aumentare il flusso di importazioni ed esportazioni, così da rilanciare un’economia in crisi da tempo. Tuttavia, da un lato, le questioni regionali stanno creando non pochi problemi, tra queste la crisi nel Mar Rosso ha costretto il Cairo a fronteggiare il dimezzamento degli introiti dal canale di Suez a causa degli attacchi degli Houti alle navi in transito; dall’altro, l’accordo con il Fondo monetario internazionale per aumentare il valore dei prestiti fino ad 8 miliardi di dollari e le fluttuazioni nel cambio della sterlina egiziana evidenziano le difficoltà economiche del Cairo, che nonostante tutto punta alla modernizzazione e allo sviluppo con progetti ambiziosi come quelli previsti dal piano Vision 2030.

Visione satellitare del canale di Suez, uno dei principali choke points al mondo. Fonte: Wikimedia Commons

La centralità politica del Cairo nelle dinamiche regionali, i suoi ambiziosi piani di sviluppo economico, la sua posizione geografica strategica grazie alla presenza del canale di Suez e al potenziale dei suoi porti nel Mediterraneo orientale attirano numerosi investimenti stranieri. Si pensi per esempio all’accordo tra la tedesca Siemens e il governo egiziano per la realizzazione di vari collegamenti ferroviari ad alta velocità, al ruolo della ditta belga Besix nei lavori del Grand Egyptian Museum e alla costruzione dell’enorme centrale nucleare di El Dabaa con la russa Rosatom. In tale contesto si sta inserendo sempre più anche la Cina, come dimostra il suo ruolo nella costruzione della nuova capitale amministrativa (video: la Cina e la nuova capitale amministrativa https://youtu.be/vU1XiSfj4RU?si=opQO7BxF8dYPBy5i). Questo avviene perché Pechino considera l’Egitto uno Stato pivot nella regione Mena e un partner strategico, con il quale ha instaurato da sempre ottime relazioni politiche: nel 1956, l’Egitto fu il primo paese arabo ed africano a riconoscere la Repubblica popolare cinese, mentre quest’ultima decise di supportare la decisione di Nasser di nazionalizzare il canale di Suez. Anche sul fronte economico le relazioni sono ottime: negli anni gli investimenti diretti esteri cinesi sono aumentati, così come il valore dei contratti che si sono aggiudicate le aziende cinesi in Egitto (grafico 1 e grafico 2). Entrambi i paesi traggono benefici dalla cooperazione bilaterale: da una parte l’Egitto ha estremo bisogno di investimenti per finanziare le grandi opere infrastrutturali che servono a modernizzare il paese e a dare legittimità politica al governo; dall’altra, la Cina punta a stringere relazioni con un paese chiave nel contesto mediterraneo e africano, che possa, al contempo, contribuire all’enorme fabbisogno energetico cinese (grafico 3).

Grafico 1. Gli investimenti diretti esteri cinesi in Egitto. Fonte: ChinaMed Data – Egypt
Grafico 2. Il valore dei contratti delle aziende cinesi in Egitto. Fonte: ChinaMed Data – Egypt

L’Egitto è stato anche il primo paese ad aver negoziato un accordo per la conversione del debito con China international development cooperation agency, rafforzando così la cooperazione per lo sviluppo e i legami bilaterali sud-sud.

Grafico 3. Il valore dell’import energetico cinese dall’Egitto. Fonte: ChinaMed Data – Egypt

In questo quadro, la dimensione marittima e portuale è un elemento importante che favorisce il dialogo tra i due partner. L’Egitto è consapevole della propria posizione strategica e la Egypt’s port development strategy 2030, parte di Vision 2030, prevede degli interventi mirati per lo sviluppo dei porti e per rendere l’Egitto un hub regionale ben integrato nelle supply chains internazionali. I primi interventi per modernizzare le infrastrutture portuali riguardano 80 porti, con un costo totale di 4 miliardi di dollari. L’obiettivo è quello di sfruttare al meglio le specificità di ogni scalo, per renderli competitivi nella regione dell’East Med e aumentare il commercio via mare con gli altri Stati africani. Per esempio, in uno studio del 2017 si riflette sui punti di forza di un secondo terminal per container nel porto di Damietta, che potrebbe vincere la concorrenza dei porti del Pireo e di Haifa grazie a delle tariffe competitive e a degli investimenti mirati per offrire un valore aggiunto in termini di infrastruttura tecnologica. Inoltre, questo terminal dovrebbe anche avere la capacità di gestire almeno due milioni di Teu (unità equivalente a venti piedi, è la misura standard di lunghezza nel trasporto dei container Iso) e una profondità adeguata per la corsa al gigantismo navale. Allo stato attuale, l’Egitto gestisce già il 38% del traffico marittimo nella regione East Med e il Container port performance index 2022 certifica il successo dei porti egiziani, con Port Said al decimo posto nella classifica mondiale generale e al terzo tra i porti medi, mentre El Dekhelia e Damietta si classificano al 172esimo e 173esimo posto in un ranking di 348 porti in tutto il mondo. Si comprende quindi perché il Liner shipping connectivity index 2023 indica l’Egitto come l’economia marittima più interconnessa tra quelle africane e Port Said e Damietta rispettivamente il secondo e il terzo porto dell’Africa, superati solamente da Tanger Med. In ogni caso le ambizioni dell’Egitto di diventare un hub regionale hanno bisogno di investimenti importanti e la Cina, in tal senso, gioca un ruolo fondamentale.

Pechino è inoltre interessata al canale di Suez, visto come un’arteria che collega l’Oceano Indiano con il Mar Rosso e il Mediterraneo e attraverso la quale transita il 60% dell’export cinese verso l’Europa (video: Il canale di Suez e la Belt and Road Initiative https://youtu.be/4igNxb8fWvo?si=iwmXP-_sp3SZh62f). Alla luce dell’importanza di questa via marittima, nel 2015 è stata istituita la Suez canal economic zone, ovvero una zona economica speciale creata per favorire lo sviluppo economico egiziano ed attirare investimenti stranieri grazie alla posizione dell’infrastruttura, attraverso il quale passa il 20% dei container globali ed almeno 18.000 navi ogni anno. Chi investe qui beneficia di numerose agevolazioni fiscali, di accordi commerciali con l’Unione europea, il Mercosur e nell’ambito dell’African continental free trade area. In questa zona economica gli investimenti cinesi sono in aumento grazie al parco industriale di Tianjin economic-technological development area (Teda) con impianti per ben 140 aziende di vario tipo, in cui la presenza cinese è in continua espansione in molteplici settori. Per esempio Xinxing ductile iron pipes intende investire ulteriori due miliardi di dollari in impianti per l’acciaio e il ferro, Shandong tianyi company impiegherà 310 milioni per un nuovo impianto per la produzione di bormina e soda caustica e con numerosi altri investimenti nel settore tessile ed energetico si raggiungerà un valore di 3 miliardi di nuovi investimenti solamente nel 2023. Tuttavia, la presenza economica cinese non si limita solo a Suez, ma riguarda anche molti altri scali portuali con numerosi progetti. A marzo 2023 è stato firmato un accordo con la cinese Hutchison ports per la costruzione di un terminal per container high-tech ad Ain Sokhna in grado di gestire fino ad 1,7 milioni di Teu. Questo porto si trova nella Suez canal economic zone e nel 2018 era già stato ampliato con il “bacino 2” realizzato dalla China harbour engineering company. Nel porto di Damietta, che dispone anche di un impianto per il gas naturale liquefatto, China harbour engineering company si è impegnata nel 2016 a costruire un terminal per container finanziato all’85% dalla Chinese development bank. Tra le compagnie cinesi presenti in Egitto c’è anche Cosco, che detiene quote di partecipazione pari al 20% ad East Port Said, mentre ad Ain Sokhna ha quote del 25% del nuovo terminal ed una concessione trentennale. Gli investimenti cinesi nei porti egiziani sono peculiari perché hanno una dimensione non solo commerciale, ma anche militare. Nel 2020 Hutchison ports ha firmato un accordo di collaborazione dal valore di 730 milioni con la Marina egiziana per un nuovo terminal per container ad Abu Qir, collocato all’interno della base navale di Abu Qir. In questo scalo potranno essere gestiti fino a due milioni di Teu e sarà ben collegato al porto di Alessandria grazie ad un’autostrada di nuova realizzazione.

Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Fonte: Wikipedia

L’Egitto rimane un paese centrale nelle dinamiche regionali ed internazionali, anche se attraversa un momento di pesante difficoltà economica e di indebitamento. Per questo è alla ricerca di numerosi investimenti, non solo cinesi, basti pensare al pacchetto di aiuti da 7,4 miliardi dell’Unione europea finalizzato alla gestione dei flussi migratori. Inoltre, un caso emblematico è quello dell’accordo del 2024 con gli EAU per la costruzione di Ras El Hekma, una città futuristica pensata per lo sviluppo economico e residenziale, per attrarre investimenti stranieri fino a 150 miliardi di dollari e per dare slancio anche al settore turistico. L’Egitto manterrà solo il 35% della proprietà di questa città ma riceverà dagli Emirati 35 miliardi di dollari già nei primi due mesi dalla firma, la somma più grande di Ide nella storia del paese, che risulteranno utili per contrastare la crisi economica.

La dimensione marittima e lo sviluppo di grandi infrastrutture restano elementi centrali nelle strategie dell’Egitto per favorire lo sviluppo economico e per dare maggiore legittimità al governo. Proprio questi progetti infrastrutturali, volti anche alla piena realizzazione del potenziale dei porti egiziani e allo sfruttamento della posizione geografica del Cairo, attirano investimenti stranieri ed accendono la competizione internazionale. Anche se la Cina è diventata un investitore di rilievo, non bisogna sottovalutare la strategia di altri paesi, come dimostra il caso emiratino.

Maria Zanchetta