La comunità drusa rappresenta una delle minoranze religiose più caratterizzanti del Levante ed è geograficamente distribuita in Libano, Siria, Israele e Giordania. I drusi sono arabofoni e rappresentano una setta religiosa con radici che affondano nell’Isma’ilismo, corrente sciita dell’Islām, sebbene siano evidenti le influenze dai tre monoteismi. Proprio il mancato riconoscimento nella dottrina islamica e la pratica della taqiyya (in arabo تقية), ovvero la dissimulazione della propria fede in caso di grave minaccia alla sopravvivenza della comunità, hanno facilitato nel corso dei secoli la resistenza del gruppo etnico-religioso nel Vicino Oriente e la sua conseguente integrazione nel tessuto sociale di Stati fortemente nazionalisti, come quello ebraico. In Israele, infatti, i drusi hanno ottenuto nel tempo diversi riconoscimenti da parte dell’élite politica e pertanto sono considerati la comunità confessionale non-ebraica più favorita nel paese. Tuttavia, nonostante l’estensione di particolari privilegi, che formalmente spetterebbero alla sola comunità ebraica, i drusi non hanno ancora raggiunto l’accesso ai pieni diritti politici, sociali ed economici: una condizione che accomuna tutta la “minoranza” arabofona del paese. Per tale ragione, le pratiche israeliane possono intendersi come un tentativo di assimilazione della comunità nello Stato ebraico, che risulta funzionale alla creazione di uno spazio geografico, demograficamente più uniforme.
Geograficamente, la collettività drusa israeliana è distribuita nel Distretto del Nord, in quello di Haifa (monte Carmelo) e sulle Alture del Golan, appartenenti de iure alla Siria, ma diventate de facto israeliane a seguito dell’occupazione militare (1967) e dell’annessione unilaterale allo Stato ebraico (1981). Secondo i dati dell’ultimo report, elaborato dal Central Bureau of Statistics lo scorso aprile, circa 150 mila drusi risiedono in Israele – l’1,6% della popolazione totale israeliana e il 7,5% della “minoranza araba” –, cifra decuplicata rispetto al 1949, anno del primo censimento israeliano. Tuttavia, occorre chiarire che, rispetto ai drusi residenti in Israele, divenuti in gran parte cittadini per iure soli nel 1952 (Citizenship Law) e che reclamano una partecipazione più attiva nella contesto israeliano, la collettività del Golan rifiutò la cittadinanza, offerta nel 1982 dallo Stato ebraico, sottolineando la propria appartenenza alla comunità arabofona e riconoscendosi nella nazionalità siriana. Questo fattore ha contribuito all’apertura di una crisi d’identità all’interno del gruppo etnico-confessionale mediorientale: difatti, se i drusi nei paesi limitrofi sostennero in gran parte la causa palestinese, quelli residenti in Israele preferirono adottare un atteggiamento neutrale in virtù di una convivenza pacifica tra le comunità israelo-palestinesi, per poi gradualmente supportare i processi di State e Nation building di Israele.
Secondo la narrazione israeliana, infatti, ebrei e drusi sono legati da un “patto di sangue”, le cui radici sono da ricercare proprio nella guerra d’indipendenza di Israele (1948): molti membri della comunità arabofona combatterono al fianco degli ebrei, contribuendo in tal modo alla nascita di Israele. Tale supporto alla causa israeliana è tuttora interpretato dall’élite politica del paese come una chiara coincidenza delle aspirazioni tra ebrei e drusi, ovvero la realizzazione di uno Stato, che tuttora assicuri sopravvivenza alla popolazione ebraica e alle restanti minoranze religiose, come quella drusa, minacciata anticamente dall’intolleranza degli Ottomani e poi dei palestinesi musulmani sotto mandato britannico. Anche per tale ragione, Israele si definisce “Stato ebraico e democratico” nella Basic Law: Human Dignity and Liberty (1992), qualificandosi come salvatore della minoranza drusa, ricompensata per il contributo alla costruzione dello Stato attraverso l’estensione di una serie di diritti, che spetterebbero formalmente solo alla comunità ebraica. Tra questi, si ricordano ad esempio l’estensione dell’obbligo di coscrizione militare nelle Israel Defence Forces (1956): un diritto che non è concesso ai cittadini arabi musulmani e cristiani. Inoltre, tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, la minoranza fu riconosciuta a tutti gli effetti come comunità confessionale e gruppo etnico indipendente: furono pertanto creati un consiglio religioso e tribunali specifici per i drusi (Knesset, 1962), separati da quelli propriamente musulmani, così come furono adottati un sistema e un programma scolastico differenti per gli studenti appartenenti alla comunità. Inoltre, ai drusi è garantito l’accesso agli incarichi nella Knesset attraverso la candidatura soprattutto nei partiti politici nazionalisti di destra, come il Likud, e sionisti, come quello Laburista, ma non solo.
Tuttavia, il particolarismo della comunità drusa si è rivelato nel tempo piuttosto apparente, non traducendosi mai difatti in un concreto accesso ai pieni diritti sociali, politici ed economici, che spettano alle differenti collettività di uno stato democratico. Difatti, in passato anche le aree geografiche a maggioranza drusa furono interessate dall’occupazione militare (fino al 1966) e si registrarono diverse espropriazioni delle terre appartenenti alla popolazione arabofona non censita nel 1949. Inoltre, sulla scena politica non esistono partiti propriamente drusi e non sussistono differenze con le altre collettività arabofone relativamente all’ottenimento della cittadinanza israeliana, regolamentata dalla Citizenship Law (1952) e dalla Citizenship and Entry into Israel Law(CLE, 2003), rinnovata lo scorso 10 marzo.
Infatti, se l’ottenimento della cittadinanza per gli immigrati di religione ebraica (conosciuti come olim) è regolato e facilitato dalla Law of Return(1950), i residenti israeliani ebrei e arabi possono ottenerla rispettivamente per iure sanguinis e per iure soli, come stabilito dalla Citizenship Law. Di conseguenza, il processo burocratico di richiesta e verifica dei requisiti per l’ottenimento della cittadinanza e/o del permesso di residenza permanente su territorio israeliano risulta essere agevole per gli ebrei ma non per gli “arabi”, inclusi i drusi. A seguito del rinnovo della CLE, infatti, questi non hanno la possibilità di richiedere l’estensione dei diritti ottenuti al coniuge, qualora provenga dai territori palestinesi o da Gerusalemme Est. Inoltre, la comunità drusa non risulta essere inclusa in toto nel tessuto sociale israeliano anche per via della Nation-State Law, emanata nel 2018, che definisce Israele “patria del popolo ebraico”, attribuisce ai gruppi etnico-confessionali non-ebraici uno “status speciale” ed eleva l’ebraico a unica lingua ufficiale d’Israele, declassando quella araba. Ciò ha infatti determinato il sollevamento di numerose proteste da parte dei membri della comunità drusa, identificati come “cittadini di secondo livello” da Israele alla stregua delle altre minoranze.
In conclusione, dunque, pur avendo ottenuto una serie di riconoscimenti, i cittadini drusi israeliani sono tuttora ostacolati da una serie di vincoli burocratici e legislativi, che non permettono il pieno accesso ai diritti politici e socioeconomici nel paese. Ciononostante, la narrazione e le politiche di Israele relative alla comunità drusa hanno contribuito nel tempo a rendere particolare l’identità del gruppo etnico-confessionale: una condizione che ha portato inevitabilmente alla separazione della collettività dal resto della comunità araba-palestinese, rendendo i drusi una minoranza nella “minoranza arabofona” israeliana. Infine, l’insistenza sul legame storico tra ebrei e drusi e l’elevazione di Israele a “rifugio per le minoranze etnico-confessionali” hanno facilitato nel corso dei decenni anche una maggiore coesione tra le due comunità, rendendo più semplice il processo di espansione degli insediamenti israeliani. Difatti, l’enfasi israeliana sull’esperienza positiva dei drusi nel paese – unita all’instabilità del contesto siriano – ha determinato un incremento delle richieste di cittadinanza dai drusi delle Alture del Golan allo Stato ebraico, rivelandosi dunque un espediente funzionale alla costruzione di nuovi insediamenti e alla presenza dei coloni israeliani nell’area, appartenente de iure alla Siria
Maria Grazia Stefanelli