Le sfide del settore energetico iracheno

Negli ultimi anni l’Iraq ha firmato diversi accordi con l’Arabia Saudita, in particolare nei settori del petrolio e dell’energia. Pur essendo ricco di idrocarburi, l’Iraq soffre da diversi anni di una mancanza strutturale di energia e le origini di questa crisi rappresentano da tempo una fonte di preoccupazione per gli iracheni. Queste difficoltà sono determinate da molti fattori, come la corruzione e la scarsa governance proliferate all’interno delle istituzioni statali. A questi problemi si unisce anche una controversa eredità lasciata dalla guerra in Iraq del 2003.

Il problema della crisi energetica in Iraq può essere fatto risalire alla Guerra del Golfo del 1991, quando gli aerei da guerra statunitensi, con il supporto delle forze della coalizione internazionale, presero di mira la rete delle centrali elettriche strategiche del paese. La situazione peggiorò negli anni Novanta del secolo scorso a causa delle sanzioni imposte da parte degli USA e delle Nazioni unite, ostacolando ogni tentativo di riabilitazione. Ciò ha lasciato le infrastrutture e le industrie irachene in rovina e ha sottoposto per anni la popolazione a condizioni molto dure, soprattutto durante i periodi estivi.

La Guerra del Golfo, 1991. Fonte: Flickr.

Nel 2003, dopo la caduta del regime di Saddam Hussein e durante l’occupazione del paese da parte delle forze statunitensi, la società americana General Electric e la tedesca Siemens si assunsero la responsabilità del mantenimento delle infrastrutture elettriche irachene – una conseguenza della decisione di privatizzare questo settore, un tempo amministrato dal governo. Questa nuova gestione non è stata tuttavia particolarmente efficiente. Dal 2003, sono stati investiti più di 80 miliardi di dollari nel settore elettrico; tuttavia, gran parte di questi fondi alla fine è stata spesa per l’acquisto di gas, carburante ed elettricità dai paesi vicini, il tutto assumendosi l’onere finanziario di pagare gli stipendi ad una forza lavoro di 300.000 dipendenti del ministero dell’Elettricità iracheno.

Inoltre, per far fronte all’insurrezione sviluppatasi dopo la caduta del regime i Saddam, le autorità statunitensi trasferirono più di un miliardo di dollari dai progetti energetici alle spese per la sicurezza. Questa scelta ha contribuito a causare frequenti blackout, rendendo la produzione elettrica dell’Iraq in parte dipendente dai generatori, senza i quali la popolazione rischierebbe di rimanere completamente al buio. Ad oggi, le perdite della rete elettrica irachena sono tra le più alte al mondo. Secondo l’Iraq Energy Institute, circa il 30-50% dell’elettricità generata viene persa a causa di una rete di trasmissione e distribuzione inadeguata.

La crisi politica che il paese ha attraversato negli ultimi anni non ha aiutato a migliorare la situazione e ha generato ancora maggiore instabilità decisionale nel settore energetico del paese, provocando anche varie proteste. Considerando che la popolazione irachena è giovane – circa il 60% ha meno di venticinque anni – questa fascia demografica è diventata sempre più disillusa nei confronti del governo, in particolare all’indomani delle proteste di Tishreen.

Nel marzo 2023, il Parlamento iracheno ha votato per ripristinare le leggi elettorali che erano state abrogate dopo le manifestazioni antigovernative del 2019, suscitando la rabbia dei legislatori indipendenti che vedono in ciò un vantaggio per i partiti più grandi. La nuova legge ripristina la legge elettorale del 2018 e spazza via una delle conquiste del movimento di protesta di massa che ha scosso l’Iraq.

Le elezioni parlamentari irachene del 2018. Fonte: Wikimedia Commons.

Dopo le proteste, un nuovo sistema ha favorito l’emergere di candidati indipendenti. Settanta indipendenti hanno ottenuto seggi in Parlamento – un’assemblea formata da 329 membri – nelle ultime elezioni legislative del 2021. È previsto che il nuovo sistema elettorale porti alla formazione di un governo per evitare gli interminabili stalli che hanno seguito le elezioni precedenti. 

Di certo, tra i paesi limitrofi dell’Iraq, l’Iran ha avuto un ruolo molto importante, esercitando una forte influenza sia sulla politica del paese che sulla sua economia. Teheran e Baghdad hanno firmato diversi accordi sugli scambi energetici, in particolare nel settore del gas. La rete elettrica irachena dipende da anni dalle importazioni di gas dall’Iran per far funzionare i suoi impianti di produzione di energia, tanto che l’Iraq è il secondo partner commerciale dell’Iran.

L’Iraq importa elettricità e gas dall’Iran per una quota compresa tra un terzo e il 40% della sua fornitura elettrica. Negli ultimi anni il governo di Baghdad ha avuto difficoltà a pagare queste importazioni direttamente all’Iran a causa delle sanzioni statunitensi, che consentono all’Iran di accedere solo ai fondi per acquistare beni non sanzionati, come cibo e medicine. Dall’altra parte, gli Stati Uniti hanno spinto l’Iraq – il secondo produttore dell’Opec – a ridurre la propria dipendenza dal gas iraniano. Questa pressione ha portato, l’Iraq alla firma di un importante accordo con la compagnia petrolifera francese TotalEnergies. Questo accordo, siglato nel luglio 2023 include piani per estrarre gas dai giacimenti petroliferi nella regione meridionale di Bassora. 

Nel frattempo, anche l’Arabia Saudita ha firmato con l’Iraq un protocollo esecutivo sui principi di un accordo di interconnessione elettrica tra i due paesi, in attuazione di un memorandum d’intesa siglato all’inizio del 2022. Grazie al recente disgelo nelle relazioni tra Iran e Arabia Saudita, con l’intermediazione della Cina, l’Iraq sta rafforzando i suoi legami con gli Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg). Per diversi anni l’Iraq non ha potuto avere legami stretti con altri paesi arabi a causa dell’influenza iraniana, e soprattutto delle tensioni tra Iran e Arabia Saudita. 

Il nuovo accordo tra Baghdad e Riad comprende un’interconnessione elettrica della  lunghezza di 435 km che collegherà Arar, nel nord dell’Arabia Saudita, a Yusufiya, vicino a Baghdad, tale da garantire una capacità di 1.000 megawatt e una tensione di 400 kilovolt. Si tratta dunque di un progetto strategico che forse, dopo tre decenni, potrebbe risolvere la crisi energetica irachena. Il progetto ha degli obiettivi specifici, come quello di contribuire a sostenere l’affidabilità delle reti elettriche nei due paesi, ottenendo risparmi economici, favorendo l’integrazione delle reti nelle energie rinnovabili e garantendo investimenti ottimali in progetti di produzione di energia elettrica.

La rete elettrica irachena. Fonte: Wikimedia Commons.

Questa iniziativa potrebbe inoltre avere ricadute a livello regionale. Il principe saudita Bin Nayef bin Abdulaziz, governatore della provincia orientale, ha dichiarato: “Il lancio del progetto di interconnessione elettrica in Iraq ha creato abbondante prosperità e ampi vantaggi all’intera regione. Inoltre, questo progetto funge da catalizzatore per una nuova era, inaugurando orizzonti più ampi e ampliando le opportunità di mercato.”

Si tratta dunque di un accordo che potrebbe portare benefici anche alle relazioni tra Iraq e paesi del Ccg, con una maggiore efficienza energetica, una migliore gestione delle reti elettriche e delle economie di rete, una riduzione dei costi per tutti i paesi coinvolti e un aumento dei posti di lavoro.

Shirin Zakeri