L’Iraq nella spirale dei conflitti tra potenze mediorientali

Negli ultimi anni il territorio iracheno è diventato teatro di scontro tra potenze regionali – come l’Iran, Israele e la Turchia – e internazionali – come gli Stati Uniti.

L’Iraq riveste una grande importanza geopolitica nella strategia regionale dell’Iran, in quanto consente alla Repubblica islamica di garantire un collegamento terrestre con i suoi alleati in Siria e Libano. Durante gli anni della dittatura di Saddam Hussein, l’influenza iraniana in Iraq era fortemente limitata. Tuttavia, a seguito dell’invasione statunitense del 2003 e della caduta del regime di Saddam, l’Iraq ha rappresentato sia un’opportunità che un dilemma per il regime di Teheran.

Pellegrini al confine tra Iran e Iraq, Ottobre 2018. Fonte: Wikimedia Commons.

Fin dagli anni dell’occupazione americana, l’Iran ha infatti rafforzato il sostegno alle milizie sciite irachene nella loro lotta contro le forze statunitensi. Questa strategia aveva inizialmente soprattutto una funzione difensiva, in quanto il regime iraniano temeva di diventare uno dei prossimi obiettivi della “guerra al terrore” lanciata dall’amministrazione di George W. Bush dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Tra i gruppi iracheni che da subito si mostrarono pronti a cooperare con l’Iran e a contrastare la presenza militare americana si segnalò il movimento sciita Jaish al-Mahdi – “l’esercito del Mahdi”, attualmente conosciuto come il movimento dei Sadristi – che, insieme ad altre milizie, ha dato filo da torcere alle forze USA e ai loro alleati.

A partire dal 2011, a seguito del disimpegno militare degli Stati Uniti, l’influenza di Teheran in Iraq è decisamente aumentata, raggiungendo forse il livello più alto nella storia recente.

Negoziati fra rappresentanti iraniani e iracheni per la ricostruzione dell’Iraq, 2021. Fonte: Rokna.net.

Con lo scoppio della guerra civile siriana, sempre nel 2011, e a seguito dell’ascesa dell’Isis (lo “Stato Islamico”) nel 2014, l’Iran è riuscito a rafforzare la sua influenza sull’Iraq, la Siria e il Libano, creando una sorta di corridoio strategico tra questi paesi che ha consentito alle milizie sostenute dall’Iran di spostarsi facilmente per contrastare le minacce percepite contro l’asse guidato dal regime di Teheran nella regione.

L’importanza dell’Iraq per l’Iran non è determinata solo da fattori strategici o religiosi (la comunità sciita è infatti la più consistente tra i gruppi religiosi iracheni), ma anche da considerazioni di carattere economico. Il mercato iracheno è un potenziale sbocco per le merci iraniane e i prodotti agricoli, nonché per le esportazioni di elettricità e gas. La presenza iraniana in Iraq è funzionale all’obiettivo di favorire un collegamento economico più diretto con lo scacchiere mediterraneo e con l’Europa, sfruttando anche l’influenza di Teheran in Siria. Esiste, infatti, un progetto iraniano per costruire una ferrovia dalla zona di confine di Shalamcheh a Bassora – che potrebbe facilitare l’accesso terrestre dall’Iran alla Siria e al Mediterraneo. Questo progetto è tuttavia ancora ben lontano dall’essere realizzato, in primo luogo a causa della crisi economica iraniana, dovuta in buona parte anche alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti. Le ambizioni del regime di Teheran sono inoltre contrastate da altre potenze regionali, come la Turchia.

Infine, sul piano sociale, la Repubblica islamica ha cercato di fornire un terreno ideologico per espandere la propria influenza nel paese vicino e ottenere il sostegno del popolo iracheno, in particolare degli sciiti. Tutti questi elementi sono tra i motivi che hanno spinto l’Iran a cercare di consolidare la propria posizione in Iraq – anche dopo l’assassinio di Qassem Soleimani, il comandante della Forza Quds iraniana. Soleimani, ucciso da un drone USA nei pressi dell’aeroporto di Baghdad nel gennaio 2020, aveva un ruolo fondamentale nella strategia regionale del regime di Teheran. In quell’occasione l’Iran ha risposto all’uccisione di Soleimani lanciando missili contro basi militari in Iraq che ospitano le forze statunitensi.

Il funerale di Qasem Soleimani, 6 gennaio 2020. Fonte : Wikimedia Commons.

Nel 2020 il Parlamento iracheno ha approvato una risoluzione che chiede al governo di porre fine alla presenza delle truppe straniere in Iraq e di assicurarsi che le potenze straniere non utilizzino né il territorio né lo spazio aereo e marittimo del paese. Il governo iracheno ha inoltre menzionato che anche la coalizione internazionale che ha combattuto contro lo Stato islamico (Isis), dovrebbe oramai ritirarsi dall’Iraq. Tuttavia gli scontri – diretti e per procura – non si sono fermati. Oltre alla rivalità tra Washington e Teheran, negli ultimi anni in Iraq si è assistito a quella tra Israele e Iran.

È importante ribadire che Israele è l’unico paese nella regione che nel 2017 ha appoggiato il referendum per l’indipendenza dall’Iraq della regione autonoma del Kurdistan, situata nel nord del paese. Va notato inoltre che, oltre che in Iraq, i curdi sono presenti in Turchia, Siria e Iran. Le rivendicazioni di autonomia delle minoranze curde vengono tuttavia viste come una minaccia da parte di questi governi. Dal punto di vista israeliano, uno stato curdo indipendente nel nord dell’Iraq aiuterebbe invece a diluire le minacce regionali e a contrastare l’influenza di Teheran, ostacolando il progetto iraniano di una “mezzaluna sciita” che colleghi Iran, Iraq, Siria e Libano. Un Kurdistan indipendente potrebbe anche essere una base per operazioni israeliane contro l’Iran. Allo stesso tempo, i curdi vedono da tempo Israele come un partner regionale strategico sia in termini economici che politici. Vanno inoltre considerate delle recenti scoperte di giacimenti di gas nel Kurdistan iracheno, il quale potrebbe dunque essere un importante partner energetico per Israele.

L’area in cui è distribuita la popolazione curda del Medio Oriente, Fonte: Wikimedia Commons.

A partire dal 2018 Israele ha condotto una serie di attacchi aerei in territorio iracheno, mirati a colpire le posizioni del Corpo delle guardie rivoluzionarie iraniane e delle milizie irachene alleata al regime di Teheran. Gli attacchi israeliani non si sono tuttavia limitati solo al territorio iracheno o a quelli siriano e libanese. Si ritiene infatti che Israele abbia anche condotto contro il regime di Teheran attacchi cibernetici, come nel 2020, quando un attacco informatico di matrice israeliana ha bloccato il porto di Shahid Rajaee, nello Stretto di Hormuz, causando ingorghi di camion per le consegne e ritardi nelle spedizioni. È stato ipotizzato che l’operazione sia stata una risposta ad un attacco informatico iraniano fallito contro un impianto idrico israeliano nella regione centrale di Sharon, nell’aprile dello stesso anno. Va ricordato anche il caso di Mohsen Fakhrizadeh, capo del programma nucleare iraniano, assassinato il 27 novembre 2020 ad Absard con una pistola automatica che secondo alcune ipotesi sarebbe stata introdotta in Iran dall’agenzia di intelligence israeliana Mossad.

Anche l’Iran ha condotto operazioni militari contro obiettivi israeliani in Iraq. Uno degli attacchi più recenti ed evidenti ha avuto luogo nel marzo 2022: il Corpo dei guardiani della rivoluzione ha affermato che l’attacco ha colpito i “centri strategici” israeliani a Erbil ed è stata una rappresaglia per un raid aereo israeliano che ha ucciso due dei suoi membri in Siria. La maggior parte dei 12 missili ha colpito la villa di un uomo d’affari curdo coinvolto nel settore energetico della regione autonoma del Kurdistan e Israele ha negato di avere basi nel luogo oggetto di bombardamenti. Non si può escludere che tra i motivi di tensione ci fossero anche il progetto del gasdotto tra il Kurdistan iracheno e la Turchia, in cui è coinvolto anche Israele, o la normalizzazione dei rapporti economici tra Israele e Iraq, in particolare dopo gli accordi di Abramo del 2020. 

Edificio bombardato a Erbil marzo 2022. Fonte: atalyar.com.

Gli iraniani stanno cercando anche di non perdere la loro posizione nei mercati esteri, in particolare in quelli mediorientali, considerando che a breve potrebbe essere ricostruita la cornice dell’accordo sul nucleare iraniano. La rivitalizzazione di tale accordo è al momento ostacolata da una parte a causa della guerra tra Russia e Ucraina, e dall’altra per via di alcune condizioni avanzate dal governo di Ebrahim Raisi, come l’eliminazione delle sanzioni dirette contro il Corpo d’élite dei Guardiani della rivoluzione.

Gli scontri tra Iran e Israele si sono ripetuti anche recentemente e l’ultimo attacco ha avuto luogo lo scorso 22 maggio. Si è trattato dell’uccisione di un alto ufficiale dei Guardiani della rivoluzione, Hassan Sayad Khodayari, di cui Israele ha rivendicato la responsabilità.

Shirin Zakeri

One Thought to “L’Iraq nella spirale dei conflitti tra potenze mediorientali”

  1. […] I legami attuali tra la Siria e l’Iran si sono creati durante la guerra tra Iran e Iraq (1980-1988). Il regime di Teheran decise infatti di sostenere il Ba’th siriano, guidato da Hafez al Assad (il padre di Bashar, attuale leader di Damasco), poiché questo era in una situazione di rivalità con il Ba’th iracheno guidato da Saddam Hossein – originariamente tutti e due facenti parte del movimento Ba’th (“Risorgimento”), di ispirazione pan-arabista. Il Ba’th ha filiali in molti paesi del Medio Oriente ed è stato il partito al governo in Siria a partire dal 1963 e in Iraq dal 1968 al 2003 – anno dell’invasione USA nel paese. […]

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